6 de setembro de 2010

Rino Cammilleri, apologeta católico


De regresso de uma estadia em Roma, da qual, não me faltasse o engenho e a arte ― a escassez de tempo é mera desculpa ― muito haveria a escrever, faço a minha reentrada no mundo dos mortos-vivos que é a blogosfera com uma referência a um autor italiano de um género que, para desgraça da nação lusa e da fé na Igreja, por cá não se pratica: a apologia do catolicismo. Na Itália são muitos os apologetas que não se calam perante as permanentes investidas dos progressistas anticatólicos, os quais, com ou sem fundamento, a propósito e a despropósito, se dedicam à revolucionária missão de atacar a Igreja, a qual é, segundo Gramsci, o maior inimigo da revolução.
Rino Cammilleri, a cujo conhecimento cheguei por feliz acaso, melhor, pela mão da Providência, através do livro L'ultima Difesa del Papa Re - Elogio del Sillabo di Pio IX, no qual tropecei num alfarrabista situado numa passagem subterrânea para peões na Via del Tritone, a caminho da Piazza Barberini.
Neste livro, Cammilleri, após uma extensa introdução, na qual contextualiza historicamente o Syllabus errorum, apenso à encíclica Quanta cura de Pio IX , comenta, uma a uma, as proposições condenadas naquele documento. Desse modo, Cammilleri fornece ao leitor ignorante, como eu, chaves de compreensão do controverso texto e demonstra que Pio IX anteviu, se quisermos profeticamente, os efeitos corrosivos das proposições liberais condenadas, muitas das quais constituem artigos de fé do pensamento correcto vigente. Chega-se à conclusão, ainda, de que muitos desses artigos de fé são actualizações de heresias cristãs, ocorrendo dizer: nada disto é novo.

A propósito, pode mencionar-se a relação apontada por Cammilleri entre o ecologismo radical e a heresia cátara-albigense, para a qual o Homem é uma força do mal, agente destruidor, cuja população urge controlar, no extremo eliminar.
Aqui fica, para aguçar o interesse e para instrução dos interessados, o excerto do livro concernente à terceira proposição condenada, com a qual tem início a passagem:
Allocuzione Maxima quidem, 9 giugno 1862

Quell'esercizio onanistico della ragione che si chiama «utopia» e che consiste nel mettersi a tavolino e «ragionare» su come si possa fare felice l'umanità riorganizzandole l'esistenza, un giorno, come è noto, cessò di essere trastullo di gente come Platone, Thomas More e Bacone per passare nelle mani di Rousseau, Robespierre, Marx. Cominciarono così gli «ismi» e il sangue non cessò più di scorrere, inaugurando un'era di inaudita sofferenza per quell'umanità che, al confronto, aveva prima al massimo qualche problema pratico.

Il Sillabo preannuncia gli esiti funesti di tutti gli «ismi»; anche dell'«eclettismo» (come si diceva allora), cioè del sincretismo, che poi sarebbe lo zio (se non il padre) dell'attuale New Age. Il Sillabo dice ai suoi contemporanei: attenti perché, malgrado le grandi promesse e speranze che cominciano a baluginare, poi va a finire male. È la messa in guardia dalle ideologie, schemi di pensiero che rovesciano la dialettica cristiana; quest'ultima parte dalla vita, dall'esperienza, e sale al pensiero, laddove quelle fanno il contrario. « Cominciamo col togliere di mezzo tutti i fatti», diceva Rousseau nell'incipit del suo Discours de l'inégalité parmi les hommes. Ci vo leva coraggio, da parte di Pio IX, perché davvero a quel tempo il cristianesimo doveva sembrare il passato e le nuove ideologie il radioso avvenire. Ci voleva realmente la statura del profeta per non lasciarsi abbagliare dagli ideali di allora, Nazione, Libertà, Democrazia, che tanti generosi idealisti (giovani soprattutto) andavano coinvolgendo.

Noi oggi abbiamo sotto gli occhi due nuovi «ismi» che, paradossalmente, esaltano come «futuro» un ritorno al passato, anche se si tratta di un «passato» immaginario, come quel famoso «stato di natura» che esisteva solo nella testa senza parrucca dei philosophes.

Il primo è l'ecologismo, cioè la religione (perché come fede fanatica è vissuta) che vede nell'uomo un fastidioso e inquinante abitatore di Gaia, la terra, essere «vivente» su cui l'umanità vive da parassita. La maggiore organizzazione internazionale, l'ONU, ha non a caso programmato il «numero chiuso», con politiche di contenimento coercitivo delle nascite, malgrado i più autorevoli scienziati del mondo abbiano da tempo sfatato tutti i terrorismi ambientali, dal mito dell'esaurimento delle risorse a quello del fantomatico «buco nell'ozono». Non è un caso che proprio gli ambienti che hanno sempre inveito contro ogni forma di «colonialismo» plaudano alle decisioni che dispongono in modo brutale dei destini di interi popoli, pretendendo anche di stabilire quanti, come e dove abbiano il diritto di procreare e di nascere. È quantomeno singolare che una sfiducia così disperata nelle possibillità dell'uomo provenga da chi del «progressismo» ha fatto una bandiera. L'odio per la vita, per la procreazione, per il matrimonio sono antichi quanto l'eresia gnostica.

Basti pensare ai Catari del Medioevo, che predicavano il suicidio e i rapporti non fecondi. Ma l'attuale Cina ancora comunista fa lo stesso (per Del Noce, lo ribadiamo, il comunismo è un «movimento gnostico di massa»), permettendo solo il figlio unico, cosa che provoca ecatombi di femmine, perché le famiglie, potendo avere un solo figlio, lo vogliono maschio. Filippo di Edimburgo, uno dei fondatori del WWF: «Se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale, per contribuire a risolvere il problema dell'eccesso di popolazione». Fulco Pratesi, nel 1989 presidente del WWF italiano: «Le ricorrenti notizie di famiglie sterminate dai funghi costituiscono un buon deterrente e un discreto disincentivo alla loro raccolta selvaggia». Curioso (ma non troppo) antecedente: nella Germania nazista vigeva il divieto di vivisezione e sperimentazione su animali; la legge recava la firma di Góring. Inquietante mescolanza, in un'unica testa, di razionalismo, irrazionalismo, ecologismo: sir Arthur Conan Doyle, ex cattolico, inventore dello «scientifico» Sherlock Holmes (singolare anticipazione di certa modernità: il misogino investigatore si drogava), era spiritista, come sappiamo, e credeva nelle fate; ma scrisse anche un racconto su un luogo in cui sopravvivono i dinosauri (Un mondo perduto) e uno in cui la terra viene presentata come un immenso essere vivente (E la terra urlò).

L'altro insospettabile «ismo» dei nostri giorni è il fondamentalismo. Secondo Samuel N. Eisenstadt, professore all'Università di Gerusalemme, si tratta di un fenomeno assolutamente moderno, che non rappresenta affatto - dice lo studioso - un ritorno indietro, bensì una «moderna utopia giacobina antimoderna», provvista di una rigidissima disciplina partitica e facente largo impiego di moderne tecnologie di comunicazione e di propaganda. Dietro l'apparenza di un richiamo all'ortodossia, è composto in realtà da movimenti fortemente eterodossi, di tipo totalitario. Non per niente esso è nato e si è sviluppato negli USA, attecchendo di preferenza in società protestanti; quelle cattoliche, conclude l'Eisenstadt, ne sono immuni, grazie alle «funzioni mediatrici» del papa e della Chiesa.
Autor a seguir; livro a ler.

NB: publicado simultaneamente, com algumas adaptações, em Nada Disto É Novo.

2 comentários:

André Capinha disse...

O facto é que, realmente, nada disto é novo, tens toda a razão. Em quase tudo quanto é proposição anti-católica do pensamento moderno/pós-moderno as ideias são recuperadas de outros períodos. Muitas são heresias cátaras-albigenses, como a referida, outras "ridiculamente" gnósticas (uso o advérbio-neologismo porque quem faz uso delas acha-se no exercício de algo seu e muito novo, nunca feito, quando na verdade recupera temas queridos ao gnosticismo).
E sim, efectivamente por cá precisávamos de apologetas. Bem formados, fundados numa boa tradição filosófica e corajosos.

Paulo Paiva disse...

Ora viva!
Realmente, como o André reiterou, nada disto é novo, e a linguagem vai-se alterando um bocado com o tempo, seja na apologética, seja no ataque cerrado. E ainda bem!
Agora, vou ser sincero, já fui mais adepto da apologia do que sou hoje. Mas, apesar disto, considero-a necessária, mas desde que hajam interlocutores capazes de ouvir. Pois, captar a mensagem e concordar com ela são coisas diferentes, e por mim, contento-me com a primeira.
Por isso, pessoalmente, até vejo as coisas como o belo ditado português de “ir pregar para outra freguesia”, ou seja, mais ou menos como Jesus disse aos seus discípulos: “Se alguém não vos receber nem escutar as vossas palavras, ao sair dessa casa ou dessa cidade, sacudi o pó dos vossos pés.”(Mt 10,14) Não sei o que significava na altura o “Pó dos pés” mas creio que não é difícil de perceber! E hoje em dia até há ditados mais expressivos!
Para terminar, apenas transmitir que este post incentivou-me à escrita de um outro post que vou publicar entretanto. Por isso, agradeço-te Luís, pela partilha! Não só deste post, como também dos anteriores!
Até breve!
Paulo